lunedì 25 aprile 2016

Tancredi Galimberti (Duccio)

1° dicembre 1944

Ho agito a fin di bene e per un'idea.
Per questo sono sereno e dovete esserlo anche voi.

Duccio

Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana, a cura di Piero Malvezzi e Giovanni Pirelli, Einaudi

Di anni 38 - avvocato -  nato a Cuneo il 30 aprile 1906 -. Dall'adolescenza militante antifascista - il 25 luglio 1943 a Cuneo e il 26 luglio a Torino arringa la folla perché insorga contro i tedeschi - il 10 settembre 1943 organizza a Madonna del Colletto (Valdieri, Cuneo) un primo nucleo armato attorno al quale si svilupperanno le formazioni GL del Cuneese - il 13 gennaio 1944 è ferito in combattimento a San Matteo di Valle Grana (Cuneo) - rientrato nella lotta è incaricato del comando di tutte le formazioni GL nel Piemonte ed assolve le funzioni di vice-comandante del I Comitato Militare Regionale Piemontese - braccato dai fascisti e dai tedeschi, per dieci mesi si sposta di zona in zona ispezionando formazioni e tenendo i collegamenti fra la città e la macchia-. Catturato il mattino del 28 novembre 1944 a Torino da elementi della Squadra Politica di via Asti - incarcerato alle carceri Nuove di Torino - torturato -.  Prelevato all'insaputa del Comando delle carceri - caricato su di una macchina  - fatto scendere nei pressi di Centallo sulla strada Torino-Cuneo e fucilato a tradimento, la sera del 2 dicembre 1944 -. Medaglia d'Oro al Valor Militare -. Eroe Nazionale.

sabato 23 aprile 2016

Il Manoscritto Hopkins di R.C. Sherriff

Prefazione

(Dalla Imperial Research Press, Addis Abeba)

Quando, due anni fa, la Royal Society dell'Abissinia scoprì "Il Manoscritto Hopkins" tra le rovine di Notting Hill, nacque la speranza che si sarebbe fatta almeno un po' di luce sugli ultimi, tragici giorni di Londra.
Tuttavia, uno studio attento del manoscritto ha provato che questa speranza è stata vana. Edgar Hopkins, il suo autore, fu un uomo di una tale inestinguibile autostima e limitata visione che la sua narrazione diventa quasi priva di valore per lo scienziato e lo storico, e se ne fa scarsa menzione nella voluminosa e magistrale opera della Royal Society "Investigazioni nelle Civiltà Estinte dell'Europa Occidentale".
Tuttavia, nonostante tutti i suoi difetti, "Il Manoscritto Hopkins" possiede una caratteristica unica: è il solo resoconto personale e quotidiano scoperto finora che ci restituisca i sentimenti intimi di un inglese durante i giorni del Cataclisma. La nostra ignoranza in fatto di storia dell'Inghilterra ha provocato molti commenti nei recenti dibattiti scientifici, ma bisognerebbe ricordarsi che per un centinaio d'anni dopo il crollo della "Civiltà Occidentale" i popoli delle nazioni rinate dell'est si sono abbandonati ad un'orgia dissennata di distruzione di tutto quello che esisteva nei loro paesi per ricordare loro dei giorni in cui vivevano sotto il dominio dell'"uomo bianco". Ogni libro stampato, ogni traccia d'arte sopravvissuta nell'Europa occidentale fu sistematicamente scovata e distrutta. Nei successivi settecento anni, il clima umido dell'Inghilterra completò il lavoro di distruzione e la tragedia della nostra rinascita di interesse nelle nazioni d'Europa dal lungo passato è che è arrivata troppo tardi. La nostra conoscenza dell'Inghilterra rischia di fondarsi per sempre su frammenti inadeguati, quali "Il Manoscritto Hopkins", sopravvissuto per un colpo di fortuna.
Qui si può dire una parola sulla storia della sua scoperta.
La parte continentale dell'Europa occidentale, un tempo abitata da francesi, tedeschi, italiani e spagnoli, è stata da allora colonizzata ed ogni traccia della sua passata civiltà è stata spazzata via. Nella sola isola britannica è rimasta qualche speranza di recuperare delle prove per ricostruire la gloria perduta dell'"uomo bianco".
Il clima umido britannico non ha attratto i popoli dell'est e, per quasi mille anni, da quando i suoi sventurati abitanti sono morti di fame tra le rovine delle loro città un tempo nobili, l'isola è rimasta una discarica desertica, frequentata da fantasmi - le sue città ed i suoi paesi sepolti sempre più in profondità sotto boschi e paludi invadenti.
Le difficoltà incontrate dalla spedizione pionieristica della Royal Society dell'Abissinia furono sufficienti a scoraggiare l'esploratore più ardito e non sorprende che ritornò quasi a mani vuote.
Gli inglesi annotarono le proprie vite e conquiste su carta così fragile che tutte le vestigia sono scomparse nella perpetua umidità dell'isola, e le loro iscrizioni su metallo e pietra sono della più scarsa qualità.
Una tavoletta di ferro completamente arrugginita fu trovata dodici miglia a sud-ovest di Londra. La sua iscrizione è stata decifrata dal dott. Shangul dell'Università di Adua, restituendo un "NON CALPESTARE LE AIUOLE" ed è attualmente ospitata nella Collezione reale ad Addis Abea.
La colonna rettangolare della pietra con l'iscrizione "PECKHAM 3 MIGLIA" può essere vista nel Museo Imperiale dell'Afghanistan.
La sola altra iscrizione trovata in Inghilterra ha suscitato molte speranze, al momento del suo ritrovamento. Recava molti nomi incisi, ma si rivelò la più grande delusione di tutte. La tavoletta, che commemora l'apertura di una piscina nella parte settentrionale di Londra, riporta in dettaglio i nomi del Consiglio circoscrizionale, dell'architetto e dell'ingegnere sanitario ed omette il nome del monarca in carica e del primo ministro - un esempio di vanagloria urbana che fa inorridire la mente moderna.
"Il Manoscritto Hopkins" fu scoperto grazie ad un puro colpo di fortuna. Mentre stava tagliando legna per il fuoco necessario alla spedizione ogni notte per proteggersi dai branchi di cani selvaggi che vagavano per l'isola, un giovane scienziato scoprì un muro di mattoni rossi in completa rovina che crollò sotto la pressione, rivelando così in una cavità una fiaschetta sotto vuoto. Il manoscritto vi era sopravvissuto, mentre milioni di libri, esposti agli elementi, erano andati distrutti.
E così "Il Manoscritto Hopkins" arriva fino a noi - un grido flebile e solitario di angoscia dalla notte dell'Inghilterra morente - infinitamente patetico nelle piccole, pietose presunzioni e nell'autostima del suo autore. Solleva l'ombra dai lembi morti di una nazione un tempo potente, come lo sfolgorio di un fiammifero può dissipare l'oscurità dal deserto del Sahara, eppure è tutto quello di cui abbiamo - tutto quello che avremo per ricordarci di un popolo che un tempo visse nella gloria.
Sappiamo che Giulio Cesare invase la Britannia perché questo è registrato su pietra eterna in Italia, ma quel che accadde dopo l'invasione di Giulio Cesare rimane un mistero che i nostri uomini di scienza probabilmente non sveleranno mai.
Questa edizione economica de "Il Manoscritto Hopkins" è pubblicata esattamente come fu scritta, ma un'edizione completamente annotata da quel brillante studioso, il dott. Shangul dell'Università di Adua, che ha corretto tutti gli errori grammaticali dell'autore, è stata pubblicata dalla Royal Society dell'Abissinia.

R.C. Sherriff, The Hopkins Manuscript, 1939
A meno di una mia svista, possibilissima, non ne esiste una traduzione italiana. 

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venerdì 22 aprile 2016

10 rue Dombasle 75015

Siccome "Filosofo e scrittore tedesco" non basta, in questo paese, per ricordare chi fosse Walter Benjamin, nella targa che lo commemora posta sopra il portone al numero 10 della rue Dombasle hanno aggiunto "Traduttore di Proust e Baudelaire", che è molto più parlante, anche se non è che lo pagassero poi molto, per quei lavori di traduzione, ma questo non conta più, ora che c'è la targa. Un fastidio*, quella chiosa, un po' per le difficoltà in cui si trovò a vivere anche a Parigi, un po' per il giudizio di valore accresciuto implicitamente racchiuso dall'aggiunta o per la necessità di metterla proprio per meglio giustificare la presenza stessa della targa, un po' per la sottintesa normalità della tappa della vita di un filosofo e scrittore tedesco, traduttore di Proust e Baudelaire, che si è trovato a vivere per qualche tempo in un appartamento di un immobile qualsiasi del XV. Ci abitò tra il 1938 e il 1940, dice sempre la targa, anni come altri. Successivamente, in assenza di ulteriori informazioni, deve aver traslocato da qualche altra parte, si è legittimati a pensare. 

***

Christian Buckard: Frau Krüger, Ende 1934 zogen Sie von Barcelona nach Paris, um bei Florence Henri die Kunst der Porträtphotographie zu erlernen. Wie kamen Sie in das Haus Rue Dombasle Nr. 10?

Lore Krüger: Zuerst hatte ich in einem kleinen Hotel gewohnt. Dann habe ich meine Schwester Gisela nachgeholt, die noch auf Mallorca war. Sie wollte Schneiderin werden. Angeblich haben wir studiert, sonst hätten wir ja keine Aufenthaltserlaubnis bekommen. Und irgendwann sind wir eben in die Rue Dombasle Nr. 10 gezogen. Da war eine Wohnung zu vermieten, in der hatte vorher der Otto Katz gewohnt.

Buckard: Otto Katz, der Mitarbeiter Willy Münzenbergs im Propagandaapparat der Kommunistischen Internationale?

Krüger: Ja, und der danach umgebracht wurde, in den Prager Prozessen 1948. Aber daß Katz dort gewohnt hatte, das war reiner Zufall. Wir hatten nur ein Schild mit der Aufschrift „Wohnung frei“ gesehen. Und dann haben wir festgestellt, daß in diesem Haus außerordentlich viele Emigranten lebten.

Buckard: Wer zum Beispiel?

Krüger: Im 7. Stock, das war das oberste Stockwerk, wohnten in der Mitte Arthur Koestler und seine Freundin Daphne Hardy, eine nette englische Bildhauerin. Und links von ihnen wohnte Walter Benjamin. Der war auch so ein Eigenbrötler. Ich wußte damals noch nicht, was für ein großer Schriftsteller und Philosoph er war. Ich war ja noch jung, und mein Wissen war begrenzt. Benjamin hatte die Gewohnheit, nachts zu arbeiten und dann hinterher zu baden. Das Haus war so gebaut, daß die Abflußrohre seines Badezimmers durch mein Schlafzimmer gingen, so wußten wir immer, wann er badete. Und morgens schlief er immer sehr lange. Wenn man ir-gendetwas von ihm wollte, erschien er an der Tür in einem rostroten Bademantel, mit wirrem Haar und wirrem Blick, ziemlich geistesabwesend und wußte nichts mit uns anzufangen. Wir nannten ihn den „Waldgeist“.

Buckard: Hatten Sie auch mit Koestler und seiner Freundin Daphne Hardy Kontakt?

Krüger: Wir haben eigentlich mit Daphne ein engeres Verhältnis gehabt. Sie war ein sehr lieber Mensch, mit der haben wir einen sehr guten Kontakt gehabt, vor allen Dingen auch meine Schwester. Wir haben uns auch oft gesehen, wir waren oft oben. Sie hatten eine schöne Wohnung, eigentlich die schönste, die ich da im Haus gesehen habe.

Buckard: Und Koestler?

Krüger: Koestler war ein sehr schwieriger Mensch. Das heißt, ein sehr empfindlicher Mensch, der seine Empfindlichkeit durch eine gewisse Zurückhaltung zu verbergen suchte. Ich fand damals Anschluß an deutsche Antifaschisten aller möglichen Couleurs, vor allem auch an deutsche Kommunisten. Und alle, die ihn vorher gekannt hatten, sagten mir – ich lernte Koestler ja erst kennen, als er zurückkam aus der spanischen Gefangenschaft –, er habe sich völlig verändert. Koestler wurde dann sehr antikommunistisch. Aber trotzdem: Wir hielten alle irgendwie zusammen.

Buckard: Wer wohnte sonst noch im Haus?

Krüger: Rechts von Koestler wohnte der Spanienkämpfer Rudolf Neumann. Als wir einzogen, war er noch in Spanien. Er war ein Arzt, ein Kinderarzt. Neumann hatte TBC und war gerade zur Behandlung in Davos, als der Bürgerkrieg ausbrach. Und da hat er alles stehen und liegen lassen und ist trotz seiner punktierten Lunge nach Spanien. Eine ganze Zeitlang war er der Chefarzt der Kliniken der Internationalen Brigaden in Benicassim. Doch als seine TBC schlimmer wurde, kam er wieder zurück in die Rue Dombasle.

Buckard: Unter Ihnen, im 5. Stock, wohnte auch ein Arzt. Unter seiner Aufsicht hatte Walter Benjamin in Berlin Haschisch-Experimente durchgeführt.

Krüger: Das war Fritz Fränkel, ein Berliner Nervenarzt. Er lebte dort mit der Frau von Rudolf Neumann aus dem 7. Stock, die diesemweggelaufen war. Dr. Fränkel hat sie später geheiratet, und sie sind nach Mexiko gegangen. Und im 3. Stock wohnte ein jüngeres Ehepaar, das waren auch Emigranten, Ekstein hießen die.

Buckard: Hans und Eva Ekstein. Lisa Fittko, die Schwester von Hans Ekstein, hat Walter Benjamin über die Pyrenäen geführt. Hatten Sie mit Eksteins Kontakt?

Krüger: Nein, die hielten sich völlig von uns fern. Aber wir hatten irgendwie doch ein Zusammenhaltsgefühl in diesem Haus. Die Frau Neumann hat mir immer Fotos gebracht, abends, die sie am Morgen abliefern sollte. Als ich eine Gehirnerschütterung hatte – ich hatte ja wenig Geld –, haben mich der Rudolf Neumann und der Fritz Fränkel zusammen behandelt. Das war selbstverständlich. Wir haben uns immer gegenseitig geholfen. Ich habe beispielsweise Fotos gemacht von allen, die wollten, und meine Schwester hat genäht.

Buckard: Sogar mit der Concierge hatten Sie Glück. Koestler erzählt, daß sie ihn 1939 vor der Polizei gewarnt hat.

Krüger: Ja, das war Madame Fontaine. Sie war links, ihr Mann war Italiener und las die kommunistische Humanité. Und sie tat alles, was sie nur konnte, für uns. Dabei waren die Concierges zu dieser Zeit alle verpflichtet, für die Polizei zu spionieren. Sie hat auch uns vor der Polizei gewarnt. In der Emigration spielte diese Solidarität untereinander eine große Rolle. Und das haben nicht alle gehabt. Aber wir hatten da, Gott sei Dank, Glück.

Christian Buckard, Jüdische Allgemeine, 16.11.2006

Florence Henri, Portrait de Lore Krüger, Paris, 1937 © Galleria Martini & Ronchetti
Florence Henri, Ritratto di Lore Krüger, Paris, 1937

Christian Buckard: Signora Krüger, alla fine del 1934 si trasferì da Barcellona a Parigi per apprendere l'arte della fotografia ritrattistica da Florence Henri. Come arrivò nella casa della rue Dombasle 10?

Lore Krüger: Prima avevo abitato in un piccolo hotel, poi ho recuperato mia sorella Gisela, che era ancora a Mallorca. Voleva diventare sarta. Presumibilmente abbiamo studiato all'università, altrimenti non avremmo ottenuto il permesso di soggiorno. E ad un certo punto ci siamo appunto trasferite in rue Dombasle 10. C'era un appartamento in affitto, in cui prima aveva abitato Otto Katz.

Buckard: Otto Katz, il collaboratore di Willy Münzenberg nel servizio di propaganda dell'Internazionale comunista?

Krüger: Sì, successivamente ucciso nei processi di Praga del 1948. Ma che Katz avesse abitato lì, era una pura coincidenza. Avevamo solo visto un cartello con la scritta "Appartamento libero". E poi abbiamo realizzato che in quella casa viveva un numero straordinario di emigranti.

Buckard: Chi, per esempio?

Krüger: Al settimo piano, ovvero l'ultimo, al centro, abitavano Arthur Koestler e la sua amica Daphne Hardy, una scultrice inglese, molto carina. E alla loro sinistra abitava Walter Benjamin. Anche lui era un tipo solitario. Allora non sapevo ancora che grande autore e filosofo fosse. Ero ancora giovane e avevo una cultura limitata. Benjamin aveva l'abitudine di lavorare di notte e, dopo, di farsi il bagno. La casa era costruita in modo tale che i tubi di scarico del suo bagno passavano attraverso la mia stanza da letto, per cui sapevamo sempre quando si faceva il bagno. E la mattina dormiva sempre a lungo. Quando avevamo bisogno di qualcosa da lui, compariva alla porta in un accappatoio color ruggine, i capelli arruffati e lo sguardo confuso, piuttosto perso, e non sapeva cosa fare con noi. Lo chiamavamo lo "spirito del bosco".

Buckard: Era in contatto anche con Koestler e la sua amica Daphne?

Krüger: In realtà abbiamo avuto un rapporto stretto con Daphne. Era una persona molto cara, con cui noi, e più di tutti mia sorella, abbiamo avuto ottimi contatti. Ci siamo anche visti spesso, eravamo spesso sopra. Avevano un bel appartamento, a dire il vero il più bello che abbia visto in quella casa.

Buckard: E Koestler?

Krüger: Koestler era un uomo molto difficile, vale a dire un uomo molto sensibile, che cercava di nascondere la propria sensibilità attraverso un certo distacco. Allora avevo rapporti con antifascisti tedeschi di tutti i colori, soprattutto con comunisti tedeschi, e tutti quelli che lo conoscevano già mi dicevano - io conobbi Koestler solo quando tornò dalla prigionia spagnola - che era completamente cambiato. Koestler diventò poi molto anticomunista. Ciò nonostante eravamo tutti in qualche modo uniti.

Buckard: Chi altro viveva in quella casa?

Krüger: A destra di Koestler abitava il combattente di Spagna Rudolf Neumann. Quando ci trasferimmo, era ancora in Spagna. Era un medico, un pediatra. Neumann aveva la TBC ed era proprio in cura a Davos, allo scoppio della guerra civile. E a quel punto ha lasciato tutto ed è andato in Spagna nonostante lo stato dei suoi polmoni. Per molto tempo fu il primario delle cliniche delle Brigate internazionali a Benicassim. Però, quando la sua TBC diventò più grave, ritornò nella rue Dombasle.

Buckard: Tra di voi, al quinto piano, abitava anche un medico. Sotto la sua supervisione Walter Benjamin aveva condotto degli esperimenti con l'hashish a Berlino.

Krüger: Era Fritz Fränkel, un neurologo berlinese. Viveva lì con la moglie di Rudolf Neumann del settimo piano, che era scappata da lui. Il dott. Fränkel l'ha poi sposata e sono andati in Messico. E al terzo piano abitava una giovane coppia: anche loro erano emigranti, si chiamavano Ekstein.

Buckard: Hans ed Eva Ekstein. Lisa Fittko, la sorella di Hans Ekstein, ha fatto da guida a Walter Benjamin attraverso i Pirenei. Aveva contatti con gli Ekstein?

Krüger: No, si tenevano molto alla larga da noi, ma avevamo lo stesso in qualche modo un sentimento di intesa, in quella casa.  La signora Neumann mi ha sempre portato delle foto, la sera, che il mattino dopo doveva consegnare. Quando ebbi una commozione cerebrale – avevo pochi soldi –, Rudolf Neumann e Fritz Fränkel mi hanno entrambi curata. Era scontato. Ci siamo sempre aiutati a vicenda. Per esempio io ho fatto foto di tutti quelli che volevano essere fotografati, e mia sorella ha cucito.

Buckard: Ebbe fortuna addirittura con la portinaia. Koestler racconta che la portinaia lo avvisò dell'arrivo della polizia nel 1939.

Krüger: Sì, era Madame Fontaine**. Stava a sinistra, suo marito era italiano e leggeva il giornale comunista L'Humanité. E fece tutto il possibile per noi. In quel contesto, i portinai erano tutti costretti a spiare per la polizia. Ha avvisato anche noi dell'arrivo della polizia. Nell'emigrazione questa solidarietà reciproca svolgeva un ruolo importante, e non lo hanno avuto tutti. Ma noi, grazie a Dio, in quella circostanza, avemmo fortuna.

* È difficile accontentarmi, in fatto di targhe ed affini. Tuttavia, non è impossibile: al Jardin des Plantes, quello della pantera in gabbia di Rilke, esiste una delle serie di targhette più sublimi mai apposte sul suolo pubblico parigino, quelle con la spiega delle piante, appunto, che con Dombasle, agronomo, cascano pure bene. Signore e signori, Monsieur Jean-Marie Boulet.

Le graveur des étiquettes du Jardin des Plantes par mnhn

** Non sono riuscita a trovare altre tracce di Madame Fontaine, purtroppo.

venerdì 8 aprile 2016

Il faut aujourd'hui garder la trace de ces personnes qui débarquent de la mer Egée et traversent l'Europe

Der Winkel von Hahrdt

Hinunter sinket der Wald,
Und Knospen ähnlich, hängen
Einwärts die Blätter, denen
Blüht unten auf ein Grund,
Nicht gar unmündig.
Da nämlich ist Ulrich
Gegangen; oft sinnt, über den Fußtritt,
Ein groß Schiksaal
Bereit, an übrigem Orte. 

Friedrich Hölderlin

Ingiù affonda il bosco,
e simili a gemme pendono
le foglie in dentro, a cui
da sotto fiorisce un terreno,
tutto fuorché muto.
Di qui è infatti passato
Ulrico: spesso medita, sull'orma,
un grande destino
pronto, nel luogo che resta. 


 

 - Lei fa pensare al "narratore" descritto da Walter Benjamin: parla - dopo la morte per trasmettere - alla posterità...
- Bandito sui bordi del mar Nero, il poeta russo Ossip Mandel'štam - 1891-1938 - scrive sulle tracce di Ovidio. Io prolungo i testi antichi fino all'amara realtà della modernità. Oppure prendo un oggetto, un testo, ne faccio una storia e mi immagino di presentarla al drammaturgo Heiner Müller. Così continuo a scrivere con i suoi occhi. I morti non sono morti. Vivono in noi. Il mio metodo è simile a quello di un Montaigne che ripesca un ricordo dell'antichità, lo mette in relazione con un detto popolare e mescola il tutto in un saggio contro la guerra civile che rimbomba.
Oggi bisogna conservare traccia di queste persone che sbarcano dal mare Egeo e attraversano l'Europa, come fa Hölderlin ne L'angolo di Hahrdt, poesia che descrive il cespuglio dove si è riposato il duca di Würtenberg in fuga. Attraversano le stesse frontiere varcate dagli abitanti della DDR nel 1989, dagli ungheresi nel 1956, dagli ugonotti, come la nonna di mia nonna che ha dovuto partire da Parigi per la Germania, e senza la quale noi non saremmo qui... Il racconto è nato con il fuoco. È riunendosi, la notte, per raccontare, che è nata la comunità, la società.

Alexander Kluge intervistato da Marianne Dautrey in occasione dell'uscita della traduzione francese di Chronik der Gefühle.

lunedì 4 aprile 2016

Durcheinander

Sich lieben
in einer Zeit
in der Menschen einander töten
mit immer besseren Waffen
und einander verhungern lassen
Und wissen
dass man wenig dagegen tun kann
und versuchen
nicht stumpf zu werden
Und doch
sich lieben

Sich lieben
und einander verhungern lassen
Sich lieben und wissen
dass man wenig dagegen tun kann
Sich lieben
und versuchen nicht stumpf zu werden
Sich lieben
und mit der Zeit
einander töten
Und doch sich lieben
mit immer besseren Waffen

Erich Fried


Confusione

Amarsi
in un'epoca
in cui gli uomini si uccidono l'un l'altro
con armi sempre migliori
e si lasciano vicendevolmente morire di fame
E sapere
che ci si può fare ben poco
e cercare
di non diventare insensibili
Eppure
amarsi.

Amarsi
e lasciarsi vicendevolmente morire di fame
Amarsi e sapere
che ci si può fare ben poco
Amarsi
e cercare di non diventare insensibili
Amarsi
e col tempo
uccidersi l'un l'altro
Eppure amarsi
con armi sempre migliori